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Incontro con
Ando Gilardi

IL PIU' TRASGRESSIVO 
E GRAFFIANTE TRA I CRITICI 
E STORICI ITALIANI

Articolo e intervista:
© testo di Luca Pagni
e Lucio Valerio Pini

Storia sociale della fotografia, Ando Gilardi, Bruno Mondadori, 2000
Storia della fotografia pornografica, Ando Gilardi, Bruno Mondadori, 2002
Wanted! Storia, tecnica ed estetica della fotografia criminale, segnaletica e giudiziaria, Ando Gilardi, Bruno Mondadori, 2003
Questa intervista è stata prodotta nel 1997 ma è a tutt’oggi inedita. La ripropongo in occasione della riedizione di “Storia sociale della fotografia”. Altre informazioni nella Fototeca Storica Nazionale Ando Gilardi.
 
 
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Ando Gilardi: geniale distruttore di miti.
Ando Gilardi: se conosci i suoi scritti lo prenderesti a calci.

     Si autodefinisce come un vecchio fotografo invidioso e un po' maligno, rimbambito, cinico, morboso, voyeur, nichilista, sionista, narcisista, ribelle stalinista, velenoso, retorico  e perfino zoppo, con una coscienza equina, afflitto da schizzofrenia critica con sdoppiamento della personalità e rotolante nel grasso come i ciccioli di maiale alla turca.
     Sostiene di non essere più capace di scrivere un testo serio su ordinazione, e quando ci prova diventa "estremista, manifestando tutta la velenosa retorica di chi non distingue ciò che davvero pensa dalla massa celebrale di tutto quel lo che pensa".
     I suoi testi sono dichiaratamente scritti in "barocco", ovvero con parole che quasi non esistono e includono appena un frammento di lingua reale, allo scopo di "epatare il lettore", cioè di strabiliarlo.
     Gilardi ha appena la metà dell'eta' della fotografia e da almeno mezzo secolo si interessa attivamente a tutto ciò che è immagine ed iconografia, dal graffito ai moderni libri elettronici interattivi di cui lui stesso è stato ideatore e primo realizzatore, affogando nella propria presunzione Gilardi arriva a pretendere di  "svolgere nel  Paese della fotografia  la stessa funzione  di Gorbaciov nel Paese dei Soviet", di essere "l' origine della fotografia"  e al tempo stesso "la prova vivente che la fotografia non esiste".
     Gilardi può essere definito senza timore di smentita, un caso limite di un essere relegato ai margini della società nonchè la rappresentazione quotidiana degli elementi dissonanti e di disturbo, dell'equilibrio sonnolento e perbenista delle società del vecchio e nuovo mondo.
     Un critico e uno storico  che arriva ad ammettere di ripetersi, perchè non ha più nulla da dire anche perchè quello che ha detto lo ha quasi sempre detto "contro". Se l'è presa con tutti:  persone, istituzioni, ideologie. Ha "demolito" Cristoforo Colombo, Stieglitz, i fotografi della Farm Security Administration e perfino la povera Roberta Valtorta. Ando Gilardi è tutto questo e forse anche di più.
     La sua cultura enciclopedica  l'ha portato ad essere autore di innumerevoli articoli, saggi e testi, tra cui ricordiamo "Storia sociale della fotografia", "Sillabario fotografico  per la prima elementare"  e  "Fotografie di maciari e della loro clientela"  splendido saggio pubblicato sulla rivista "Ferrania", e ritenuto  "fondamentale sulle applicazioni sociologiche della fotografia"  dal critico della fotografia, di fama internazionale, prof. Italo Zannier.
     Lo stesso Zannier riconosce ad Ando Gilardi il merito di aver osservato con occhio "nuovo" la storia dell'immagine in generale, e non soltanto della fotografia, e di averla fatta riscoprire ai più giovani "...in una dimensione meno noiosa e accademica".
     Ando Gilardi dichiara di aver letto nella sua lunga vita professionale, almeno un milione di libri sull'immagine e di averne recensiti oltre cinquecento (nell'arco di dieci anni) per la rivista "Progresso Fotografico" il cui direttore non manca di descriverlo apertamente, come  "una persona scomoda e sostenitore di posizioni spesso controcorrente ma comunque una voce importante della fotografia italiana".

Abbiamo intervistato questo personaggio per sapere qualcosa di più sul "suo" modo di vedere l'immagine e tutto il mondo che ad essa ruota intorno.
 

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INTERVISTA: 
Sig.Gilardi, Lei ha sempre scritto sulla fotografia con taglienti durezze, aspri commenti intrisi di vetriolo, stroncature, turpiloqui, fini ironie, ma sempre con una lucidità geometrica delle idee. Le domandiamo: qual'è la "sua" fotografia?
Gilardi:
La "mia" fotografia cambia nel tempo, ma è naturale. La regola: a 30 anni uno vede 2000 fotografie e ne apprezza 100, a 40 anni ne vede 10.000 e ne apprezza altre, ma sempre 100, a 70 anni ne ha viste 100.000 e ne apprezza sempre, altre, 100. Ma questo vale per i libri, i film, le musiche, i quadri, eccetera. Qual'è oggi la "mia" fotografia? Quella spontanea e anonima dello Sterminio degli Ebrei in Europa.
INTERVISTA:
Quando e se, secondo lei, la fotografia diventa arte e il fotografo artista?
Gilardi:
La fotografia diventa sicuramente arte e il fotografo è sicuramente artista, quando è in buona fede.Se uno ha come me (purtroppo(c) mezzo secolo di mestiere,  riconosce la buona fede e dunque  l' arte vera, alla prima occhiata.
INTERVISTA:
Si afferma che la fotografia possa contribuire a cambiare il modo di vedere della gente e quindi il mondo...lei cosa ne pensa?
Gilardi:
Penso che non sia vero, ma che è vero il contrario. E' la "gente" che potrebbe cambiare il modo di fotografare, se la gente cambiasse. La fotografia nella norma vale poco perchè la "gente" non cambia.
INTERVISTA:
A chi serve la fotografia?
Gilardi:
C'è la fotografia come prodotto (pubblicità, cronaca, scienze...) c'è quella come consumo (amatoriale, artistica...). La prima serve ovviamente a chi la fa, per vivere e a chi la compera per usarla, la seconda a chi la fa e a chi produce apparecchi e materiali per fotografare.
INTERVISTA:
Lei ha affermato che l'utilità dei critici e degli storici non consiste in quello che dicono ma in quello che non dicono, e che il loro scopo essenziale risiede nella legittimazione "spirituale" del potere... Come definisce il suo ruolo specifico, qual'è la sua utilità?
Gilardi:
Gli storici e i critici, ma non solo e non tanto della fotografia, ma in generale sono come quel dottor Linguetta di Striscia la Notizia, alcuni leccano meglio, altri peggio, ma leccano tutti. Non è un "tradimento" della loro mansione ma è proprio la natura stessa del loro mestiere.
INTERVISTA:
A chi servono i critici e chi sono i "suoi" "critici di regime"?
Gilardi:
La critica serve a far campare il critico, come la musica il musicista, la pittura il pittore, e così via: è un lavoro come tanti. Tutti i critici sono di regime come tutti i giornalisti,gli insegnanti, tutti i pittori, tutti i magistrati, eccetera. Quelli che non sono direttamente di regime (come mè servono a dare un  minimo di chiaroscuro al regime, che altrimenti  sarebbe  troppo piatto. La società e la cultura in generale,  sarebbero semplici da spiegare: troppo. Complichiamo le spiegazioni per darci delle arie.
INTERVISTA:
Le gallerie, a suo avviso, aiutano la fotografia o servono solo per gestirla meglio?
Gilardi:
Le gallerie servono all'utopia fotografica, servono a dare "importanza" alla fotografia di consumo di tanta brava gente. Rendono felici molti fotografi e per me, naturalmente, questo va benissimo.
INTERVISTA:
Nella sua prima mostra fotografica personale: "Memorie di un fotografo pentito" (riproposta nell'estate 1997 a Villa Pomini (Va) ndr) si dice pentito per aver umiliato la fotografia, mettendola a servizio delle utopie sociali, ed autoaccusandosi di aver usato la fotografia come un'arma, che ha definito dolorosa e fonte di ridicolo. Perchè le piace perseverare?
Gilardi:
Mi sono pentito della mia attività fotografica dei primi vent'anni e anche un poco vergognato, ma senza dramma, anzi ¡   Con un poco di nostalgia. Come siamo stati presi in giro ¨ a me è successo anche questo). Ma per essere sincero fino in fondo, non posso anche fare a meno di pensare che se mi fossi dedicato subito alla fotografia commerciale,  invece che a quella sociale, oggi potrei rendere felici  cento cani  invece due. Comunque è andata bene così: mi pento però non mi lamento.
INTERVISTA:
Lei ha letto e criticato moltissimi libri sulla fotografia, qual'è a suo avviso lo stato di salute dell' editoria fotografica italiana, anche rispetto ad altri Paesi europei o americani?
Gilardi:
L'editoria fotografica italiana è molto modesta, ma lo è l'editoria italiana in generale,cosí lo è il nostro cinema, la pittura,le scienze, eccetera. Credevamo di essere bravi almeno nel gioco del pallone, ma ha visto com'è andata? (il riferimento è ai Campionati Europei del 1996). Siamo un Paese con una storia grossa grossa, ma un presente piccolo piccolo. Ma io ci invecchio volentieri.  Certo, se avessi vent'anni, partirei per New York anche per fare lo spazzino.
INTERVISTA:
A Milano esiste una Fototeca Nazionale che porta il suo nome, ce ne può parlare?
Gilardi:
La "Fototeca Storica Nazionale ­ archivi Elettronici Iconografici" delle sorelle Patrizia e Elena Piccini,  alla quale  hanno voluto dare il mio nome, e ne sono orgoglioso, è la societa' più avanzata in Italia nel campo della registrazione, trasporto e imballaggio delle immagini, nelle vecchie forme analogiche e nelle nuove forme digitali. Può sembrare strano, ma è proprio così.
INTERVISTA:
In conclusione: chi è veramente Ando Gilardi "Fotografo esemplare"?
Gilardi:
Un vecchio contento di essersi occupato di immagini, e non solo di quelle fotografiche, per tutta la vita. E' un lavoro difficile e faticoso, ma molto bello.


 

Roma, 25 gennaio 2001            Luca Pagni

 

Luca Pagni
Via Francesco Tovaglieri, 382 sc.E
00155 Roma
E-mail to: lucapagni@libero.it



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