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Carlo Maria Causati
"PAROLE"
fotografia-multivisione-istallazione
Roma - Librogalleria "Al Ferro di Cavallo" - dal 6 al 20 febbraio '97



 

L'azione più diretta nei confronti dell'opera d'arte contemporanea è la ricerca del senso. Quando questo non si presenta in modo esplicito e forte si suppone automaticamente che ve ne sia uno nascosto o rovesciato.
Sebbene le avanguardie storiche e le seconde avanguardie ci abbiano insegnato a riflettere generalmente su di un circuito visivo relativamente, l'ossessione rituale della ricerca del senso continua a perseguitarci.
Indebolitesi, per mancanza di immagini, le figure antiche dell'allegoria e del simbolo, perversamente ci capita di "vedere" nei materiali e nelle tecniche (nelle loro possibilità espressive inerti o "sociali") una promessa di senso, se non addirittura un senso compiuto.
Pervicacemente un folto gruppo di critici e "teorici" d'arte sembrano voler ancora percorrere la strada a senso unico indicata da Mac Luhan, lungo la quale assistiamo alla sovrapposizione tra il mezzo e il messaggio e che, contraddicendo il "nomadismo" linguistico dell'arte attuale, ripropone le rigide, ed estremamente comode, divisioni in generi.
Nondimeno l'opera d'arte, in alcuni casi, riesce a mantenersi distante dal rigore "classificativo" a cui viene sottoposta; lo scacco messo in atto dall'artista è quello di giocare nuovamente sul valore significante dell'immagine. Questa infatti, da espressiva e, dunque, legata alla teorizzazione platonica della mimesis, diviene inespressiva, insignificante, "qualcosa" che appare ed è in quanto tale.
In altre parole, l'immagine da "essere realmente irreale" si trasforma in ciò che abita la realtà senza che un codice ci indirizzi ad un unico senso possibile.
In Parole la realtà di una biblioteca si mostra allo stesso tempo nelle immagini fotografiche di Carlo Maria Causati, nella multivisione realizzata dall'artista in collaborazione con Paolo Modugno, Ernani Paterra, Mauro Scaramella, e nell'installazione di Vittorio Fava, secondo un pastiche linguistico che non tenta di scardinare i codici della fotografia, bensì i rigidi schemi interpretativi che considerano il qui e ora come momenti necessari dell'espressione; che non nega l'essenzialità del fenomenico e del momentaneo ma annulla il sistema di differenze che permette di pensarli.
Parole, come molti altri lavori di Causati, è un'opera d'arte totale, che possiede una assonanza con il linguaggio della performance, evidente soprattutto nell'insistita attenzione verso la relazione opera/spettatore. Tale attenzione è visibile in maniera chiara nella multivisione, in cui è l'opera a "farsi" spazio, a divenire davanti agli occhi dello spettatore, ma anche alle sue spalle, un luogo reale.
Nondimeno la presenza attraverso la tecnologia rimane una sorta di assenza. L'opera presente nello spazio dello spettatore -Causati sposta la questione dell'hic et nunc dall'opera al fruitore- in virtù del suo essere qui e ora è in realtà impalpabile e assente come le storie, gli umori, le voci scritte sui libri.
La "straordinaria" presenza del lavoro di Carlo Maria Causati avviene grazie all'assenza, per la sua diretta distanza dall'originale; la foto non è -o almeno, non solo- il reale, il vero: come dice Eliot "L'arte non è una copia del mondo reale. Di queste dannate cose basta che ci sia un solo esemplare."

 

Cecilia Casorati

 
 
 



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