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ARTE CINETICA
Galleria Nazionale D'Arte Moderna - Roma
2 Luglio - 2 Dicembre 1996

 
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Nella Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma si sta tenendo un' importante mostra di arte cinetica, in cui viene presentata la collezione delle opere cinevisuali acquistate dalla Galleria tra il 1963 e il 1973. Si tratta di opere soprattutto di artisti italiani: del gruppo T di Milano, che si costituì nell' ottobre del 1959 con artisti come Davide Boriani, Gianni Colombo, Gabriele De Vecchi, Grazia Varisco; del gruppo N di Padova, anch'esso costituitosi alla fine degli anni '50 di cui ricordiamo le personalità artistiche di Alberto Biasi, Edoardo Landi, Toni Costa, Manfredo Massironi. Sono presenti anche opere straniere tra cui quelle del gruppo Zero di Dusseldorf e quelle del GRAV (Groupe de recherche d'art visuel) che nacque a Parigi nel luglio del 1960. Il movimento artistico di arte cinetica che si sviluppò in tutta Europa, come risposta ad una chiara esigenza di opposizione all'arte "informale", ha come caratteristica imprescindibile l'esigenza di creare le condizioni per un lavoro di équipe, come modello ideale per un continuo processo di sviluppo artistico attraverso il quale l'opera viene considerata prima di tutto OGGETTO, luogo di ricerca, spazio della sperimentazione, dove si incontrano vari percorsi interpretativi della relazione tra soggetto e oggetto.
Nell'atto di fondazione del GRAV, si evidenzia la priorità di mettere al continuo confronto le ricerche personali o di piccoli gruppi al fine di intensificarle, giungendo ad una dimensione del lavoro di équipe "per dominare l'atteggiamento del pittore unico e geniale, creatore di opere immortali". L'individualità creativa viene così volutamente sacrificata al fine di porre sopra di tutto l'obiettivo della ricerca che svolta attraverso un percorso collettivo prenderà i connotati dell'anonimato. Il progetto artistico dell'arte cinetica chiamata anche "programmata" (dal titolo della rassegna tenutasi nel negozio Olivetti di Milano nel 1962, organizzata da Bruno Munari e presentata da Umberto Eco) considera la scientificità dello sviluppo creativo come elemento basilare che comporterà conseguenzialmente la definizione di idea di MOVIMENTO, inteso sia come movimento reale (prodotto da meccanismi interni all'opera,indotto dall'aria o dal calore, o provocato dallo spettatore azionando l'opera) che come movimento illusorio ( risultato dalle sollecitazioni visuali astratte come volumi, rilievi, grafismi, o provocato dallo spettatore variando la sua posizione rispetto all'opera d'arte). E' chiaro che l'idea di movimento, in entrambe della sue espressioni, evidenzia il forte protagonismo conscio e inconscio dello spettatore, finalmente parte di un processo relazionale con l'opera d'arte da sentirsi esso stesso partecipe di una definizione sia illusoria che reale della propria immagine, della propria storia e perchè no dei propri stati d'animo. Insieme l'oggetto(opera d'arte) e il soggetto (spettatore) fanno parte di una comune visione del mondo e delle cose. L'oggetto modifica il soggetto ma questo così come la realtà esterna all'opera d'arte, non solo non subiscono passivamente l'oggetto ma lo possono continuamente modificare. Verrà appunto definita da Umberto Eco "opera aperta": "la forma costituita da una "costellazione" di elementi in modo che l'osservatore possa individuarvi, con una "scelta" interpretativa, vari collegamenti possibili, e quindi varie possibilità di configurazioni diverse; al limite intervenendo di fatto per modificare la posizione reciproca degli elementi." Il percorso espositivo della mostra, ci introduce nel mondo dell'arte cinetica con tre artisti Alexander Calder, Jean Tinguely e Bruno Munari che non si possono certo considerare fondatori di questo movimento artistico, ma che con la loro opera dalle molteplici intuizioni dinamico- sperimentali hanno potuto senza alcun dubbio anticipare le future soluzioni cinetiche dell'arte programmata. Con l'opera "Mobile" (1958) di Calder, i cui primi esemplari risalgono al 1932, il movimento dell'aria gioca un ruolo di primo piano facendo spostare ai lati di un bilanciere sospeso, 12 pale metalliche disposte all'estremita di bracci di ferro. Munari ha sempre definito attraverso il suo excursus artistico la dimensione ludica come componente fondamentale della sua arte, il suo desiderio si spinge verso la capacità di liberare gli elementi statici della superfice dipinta dei primi quadri astratti, verso una dimensione dinamico-creativa in cui il gioco inteso sia come "caos" che come "ordine", modifica, dilata, spazia nuovi modi interpretativi di cogliere la realtà creando un felice binomio tra gioco-movimento. Così Munari scrive nella sua Dichiarazione poetica del 1963:"La giostra è un oggetto di arte cinetica e programmata. Cinetica perche si muove, gira, ma ad ogni giro si ripete e questa è una costante. Le varianti sono le persone che salgono e scendono ad ogni giro e cambiano la composizione dell'insieme. ...La ragione e il calcolo verranno usati per dar corpo a questo oggetto a quattro dimensioni ( cinque con i suoni) ma l'idea globale nasce dal caso, dai recettori sensoriali, dalle condizioni ambientali, dal cibo, dalla luce, dalla salute, dalla temperatura. L'arte viene fuori quando uno non sa quello che fa."
Di grande interesse è anche l'opera di Jean Tinguely "Baluba bye bye", un'assemblage del 1961, anche in questo caso il movimento cosiddetto "reale" perché causato dallo spettore che aziona una macchina, spingendo un bottone, fa si che egli si senta direttamente implicato nella realizzazione di un proprio disegno ludico attraverso la sua diretta partecipazione. La macchina spinta da una motore fa azionare vari congegni e ferragli creando nel visitatore inizialmente un senso di improvvisa sorpresa, e poi di orgoglioso protagonismo come quando si è increduli di fronte a qualcosa di inaspettato ma poi ci si rende conto di fare qualcosa di assolutamente familiare, il ricordo, appunto il gioco, di quando eravamo bambini e ci stupivamo di fronte a tutto. Del gruppo M.I.D. (Movimento Immagine Dimensione) costituitosi a Milano nel 1965, vi è l'interessante opera "Generatore n. 4" (1965) definita in modo pìù esteso "disco cinetico straboscopico". Il movimento che esso crea comporta la rotazione di un disco sul quale sono disegnate una miriade di palline nere disposte in file concentriche, l'effetto straboscopico è risultato da un'illuminazione con lampade ai vapori di mercurio che colpendo la superficie ne determina l'associazione cromatica. Anche in questo caso l'effetto che si vive è quello della sorpresa e di come un meccanismo apparentemente meccanico possa in realtà offrire continui sviluppi imprevedibili, l'occhio si concentra a fissare un particolare per poi accorgersi del generale movimento, l'opera gira a ripetizione e attraverso questo suo continuo muoversi, ci si accorge di come in fondo, tutta la realtà circostante vive in un comune vortice di dimensione dinamica. Con questo genere di opere, si è come incosciamente portati non solo a vederle ma anche e soprattutto a viverle come ricerca di una dimensione visuale e cinetica della realtà, attraverso un coinvolgimento diretto del nostro essere sempre in movimento, un movimento che può avere le sue certezze anche attraverso il riconoscimento dell'idea di stasi, in fondo non c'è vita senza morte, così come non esiste movimento senza il suo contrario, laddove come riteneva Freud la pulsione di morte non è che l'unica condizione rigenerativa da cui può nascere la pulsione di vita.

Maria Anna Tomassini


 
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