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HERB RITTS - WORK


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Dall’11 settembre 1997 fino al 18 gennaio 1998 lo spazio espositivo del KunstHausWien ospita la retrospettiva dedicata ad Herb Ritts, dal titolo “Work”. Il KunstHausWien , sito in Untere Weissgerberstrasse 13 a Vienna, ha la particolarità di essere al tempo stesso galleria (la programmazione fino ad ora in campo fotografico ha visto le esposizioni di Annie Leibovitz, Robert Mapplethorpe, Man Ray) ed opera architettonica dell’artista austriaco Friedensreich Hundertwasser, nonché sede permanente delle sue opere.
“Work” è stata organizzata dal Museum of Fine Arts di Boston, dove si è inaugurata il 22 ottobre 1996 fino al 9 febbraio 1997.

L’esposizione si sviluppa in 195 stampe, di cui 20 al platino e 175 alla gelatina di argento; le stampe sono state eseguite espressamente per questa retrospettiva, i formati vanno dal più piccolo di 28x36 cm (“Dustin Hoffman, L.A. 1996) al più grande di 305x244 cm (Bill T. Jones, L.A. 1995).
Il lavoro di Herb Ritts si suddivide in quattro capitoli ben amalgamati tra loro sia dalla disposizione, su due piani, nelle sale della galleria, sia dalla naturale continuità che il fotografo ha dato a temi così differenti: 1.”Studies of the human form”, 2.”Celebrities”, 3.”Fashion”, 4.”Africa”.
Nella prima sala ci si trova subito davanti ad immagini delle varie sezioni che lasciano trasparire il punto centrale dell’opera dell’autore: la geometria, sia essa applicata ad un corpo o ad un viso, come ad elementi esterni. La sensazione dominante, nei primi minuti, è quella di un bianco e nero, arricchito dalla stampa al platino o all’argento, che dona vita alle immagini. Si è proiettati, quindi, in un mondo fatto di corpi congelati in pose plastiche, quasi sempre di culturisti, le cui linee si fondono con quelle dell’ambiente circostante: alberi, orizzonti o semplici giochi di luce. Il movimento, in realtà, risulta solo interrotto dalla staticità delle immagini, la forza delle quali lascia sempre spazio, in chi le osserva, all’immaginazione dell’attimo precedente a quello che seguirà.
Protagonista è l’uomo o la donna, come esseri viventi, quando vengono incorniciati da una veste (Female torso with veil, Paradise cove, 1984) così come nel momento in cui l’indumento costituisce unpunto di interruzione della sua nudità (Woman in sea, Hawaii, 1988). I modelli utilizzano le geometrie dei loro corpi, spesso raccolti su se stessi, come una serie di cornici concentriche, ognuna delle quali mantiene la sua funzione estetica ed al tempo stesso introduce alla successiva, sottolineandola (“Woman in sea”: rapporto tra schiena e capelli). “Mask, Hollywood, 1989” è un suggestivo esempio di come un viso, presente nell’immagine ma coperto dai capelli smetta di essere elemento espressivo per divenire tratto stilistico.
La seconda sezione è la più vasta; sono ritratti personaggi celebri (tra tutti: “Anjelica Houston, Visalia, 1990”; Glenn Close, Century City, 1994) assecondati nelle loro “pose di scena”, sempre lasciando intravedere
l’umanità attraverso la maschera. Il corpo, in questo caso, passa in secondo piano a favore dell’espressione di un viso: “Drew Barrymore, Malibù, 1993” il cui profilo scompare nella luce; o di un gesto: “His Holiness the Dalai Lama, NY, 1987”, le cui mani divengono elemento di confine tra l’umano ed il trascendente. Nella ritrattistica l’autore è sempre alla ricerca di un elemento di riconoscimento, di un tratto caratteristico che possa svelarci l’identità del soggetto senza mostrarcelo direttamente.
La penultima parte è testimonianza dell’avvicinamento, avvenuto durante gli anni ‘70, di Herb Ritts al mondo della moda, collaborazione che ha fruttato numerose immagini famose per stilisti come: Donna Karan, Calvin Klein, Giorgio Armani, Gianni Versace. Interessante è notare come dal confronto con l’universo estetico per eccellenza ne esca vittorioso, comunque, il corpo, soltanto sottolineato dall’abito: protagonista resta la schiena, il collo, il muscolo teso, i tendini, le linee delle gambe e delle braccia alle quali è giusto donare una veste adatta.
Una luce particolare ricopre gli scatti sull’Africa, progetto realizzato nel 1993 e testimoniato dal libro “Africa”, dove il fotografo si è confrontato con un ambiente completamente diverso, lontano dalle pubblicazioni patinate e dalle spiagge americane; questa volta il soggetto ripreso ha una storia da mostrare che corre tra le pieghe della pelle delle mani, testimonianza di lavoro rimasto immutato nei secoli, o nelle linee dei visi marcate dalla dignità dell’essere, alle soglie del duemila, appartenenti al popolo Masai (“Masai woman & child, Africa, 1993”). La ricerca estetica risulta in questo frangente solo in apparenza tralasciata in funzione di un tentativo di coniugarla, attraverso gli occhi di chi guarda con rispetto ad una cultura diversa, con una realtà molto più ricca di messaggi per noi di quanti il cosiddetto “mondo civilizzato” ne possa offrire.

Dario Lombardi


 
 

HERB RITTS PROFILE



Herb Ritts, born in 1952  in Los Angeles, began his photographic career in the late 1970’s with informal portraits of friends in the movie industry and has since gained a reputation as a major photographer of artists, writers, political figures, actors, musicians as well as fashion. In addition to working in the editorial field for such publications as Vogue, Vanity Fair, and Rolling Stone, Mr. Ritts has directed music videos and commercials as well as created memorable major advertising campaigns for Giorgio Armani, Donna Karan, Calvin Klein and Gap among others. In the past 10 years, he has also had solo exhibitions of his fine art Photography in Los Angeles, New York, London, Tokyo and Milan as well as Santa Fe, Atlanta and New Orleans.In the past few years, Ritts has started to make the transition from photographer to director of commercials and music videos. To date, he has direct several international commercial campaigns. Chanel, Calvin Klein, Levis, Rochas, Lancome, Paul Mitchell, Guess Perfume, Revlon, Guy Laroches, Acura Motor Cars and Cartier are only a few example of his work in this area. In regard to music videos, Ritts has been the creative eye for some of today’s most talented artists. For example, Michael Jackson, Janet Jackson, Madonna and Chris Isaak. Herb Ritts is very much an image maker for our time, a photographer whose assured eye, fertile imagination, and affirmative spirit translate our culture’s dreams and desires into strong, palpable pictures. In the past decade, Ritts has published books that bring togeter photographs around a particular theme: “Men/Women”, an expression of his feeling for the beauty and sensuality of both sexes; “Duo”, a sequence of nude studies of a gay couple; “Notorious”, a collection of witty and inventive celebrity portraits. His most recent book, “Africa”, is a new departure - in effect, a photo-essay - photographs of the Maasai people, of animals, and of the African landscape. Fine art, design, fashion, photographic media, and global marketing are dynamically connected in today’s complex culture. Ritts’ work exemplifies our century’s broadening notion of artistic activity. Ritts is drawn to clean lines and strong forms; this graphic simplicity allows his images to be read and felt instantaneously. He enjoys evoking the tactile appeal of surface textures, showing the human body flecked with grains of sand, veiled in sheer fabric, caked with drying mud, or exposed to cascading water. His pictures - of models, of athletes, of Maasai women - celebrate the body as strong, sensuous, and beautiful. His portraits of famous figures, from Madonna to Dizzy Gillespie, Jack Nicholson to David Hockney, often have a whimsical quality, creating the sense of an intimate encounter with a larger-than-life personality. Social history and fantasy are both captured and created by Ritts’ memorable pictures.





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